Descrizione
Borgo storicamente importante, citato più volte nei documenti storici come comune autonomo facente parte dell’AltaGarfagnana. Presenta ancora oggi i resti di una torre, chiamata dai paesani “Castelletto”, avanzo di un’antica opera di difesa.
Nei pressi del paese il 1 febbraio 1945 furono fucilati 6 partigiani per rappresaglia, tra cui tardelli Adriano detto il “Baionetta”. L’amministrazione comunale il 25 aprile di ogni anno celebra il ricordo di questi giovani morti per la libertà, grazie al recupero del cippo posto sul luogo della fucilazione nel 1956 , effettuato dal locali gruppo Alpini.
Si riporta a seguire la cronaca fedele di quegli ultimi istanti:
1 FEBBRAIO 1945 – COGNA DI PIAZZA AL SERCHIO –
LA STORIA DI UN ECCIDIO NAZI – FASCISTA
Cogna di Piazza al Serchio è stata teatro nell’inverno del 1945 di un tragico evento che vide per rappresaglia dopo l’uccisione di un soldato della Divisione alpina “Monterosa” la fucilazione di 7 prigionieri detenuti per vari motivi presso il carcere di Camporgiano.
Quel giorno persero la vita a Cogna:
FERRARI ALFREDO nato Roggio di Vagli di sotto anni 41
FERRARI CESARE nato Roggio di Vagli di sotto anni 38
PEDRINI AMERIGO nato Roggio di Vagli di sotto anni 50
SAMASSA GIOVANNI nato Sillano anni 45
TALANI AGOSTINO nato Sillano anni 46
TARDELLI ADRIANO nato Careggine anni 50
Tardelli Adriano era meglio conosciuto come “Baionetta” : staffetta del 3° Btg. della brigata Garfagnina, faceva da guida a coloro che passavano il fronte, civili – militari – inglesi – americani, inoltre portava ordini della Divisione “Lunense” agli alleati.
I fatti di quel giorno rimasero impressi nella mente e in una precisa relazione di Don Giuseppe Mentucci che riproponiamo nella versione completa e corretta così come trasmessaci dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea della Provincia di Lucca:
La sera del 28 gennaio 1945, terminata la funzione in chiesa (era domenica) fui avvistao da un soldato della Divisione MonteRosa: “Il comandante vuole che vada in caserma per assistere un soldato”.
Vado subito.
Il soldato Giuseppe Grignoli era stato colpito presso Cogna con arma da fuoco, e, trasportato a Sant’Anastasio, era spirato nel percorso.
Pensando ancora in un alito di vita, sotto condizione, come è uso, gli impartisco la assoluzione e gli amministro l’Olio Santo. I soldati si inginocchiano insieme con me e recitano il S. Rosario per il giovane morto a 19 anni.
Nella mattina del 31 gennaio si tenne l’ufficio funebre con la partecipazione del popolo e dei soldati. Nel mattino del 1 febbraio fui chiamato da due soldati, e, presentandomi al loro comandante (Cap. Gervasini – ndr -), mi richiese, del ministero sacerdotale per sei condannati alla fucilazione in rappresaglia per l’uccisione del Grigoli.
Poco dopo arrivarono i condannati: Tardelli Adriano di Capanne di Careggine, detto “Baionetta”, Talani Agostino di Sillano, Ferrari Cesare, Ferrari Alfredo e Pedrini Amerigo di Roggio; Samassa Giovanni residente a Sillano.
Coi condannati arrivò anche il Sacerdote prof. Bruno Nobili Spinetti.
Era presente anche il dott. Giovanni Rocchiccioli, parente di Don Bruno, e il dott. Rocchicioli conobbe dal sottotenente che don Bruno sarebbe stato poi rilasciato, e di ciò venne avvertito dal dott. Rocchicioli e da me.
Don bruno al passaggio della comitiva aveva detto: “Ecco che cosa fanno i soldati della repubblica”, e per questo era
stato costretto a seguirli.
Intanto arriva anche il parroco di Cogna don Gisberto Milanta.
Ricevo il testamento e la confessione di quattro dei condannati; uno viene confessato da don Milanta e uno da don Bruno e a tutti io do la Santa Comunione.
Nel partire da Sant’Anastasio avverto i condannati che le loro famiglie avrebbero avuto assistenza.
Baionetta incoraggia i compagni e dice tra l’altro: “Hanno ragione di fucilarci noi amiamo la libertà”; e soggiunge: “io perdono”.
Il Talani piange e io la bacio.
Vengono portati nel luogo dove era stato colpito il Grigoli. Si cammina a stento sulla neve ghiacciata. Ci sono soldati davanti, di dietro, e ai lati. I condannati gemono e mi chiamano “Arciprete arciprete”. Il terrore mi permette solo poche parole di incoraggiamento.
Arrivati nel luogo del supplizio li avverto che hanno di fronte, benché non visibile, la chiesa di Cogna, e li esorto ad inginocchiarsi per offrire a Gesù il sacrificio della loro vita. Si inginocchiano tutti, recitano con me l’atto di dolore, ripeto per tutti l’assoluzione, alternano con me le giaculatorie “Gesù, Gesù, Gesù mio misericordia” finché mi si grida “Reverendo ritiratevi”.
Si scarica due volte sulle vittime, ma nessuno restò morto; si avvicina il tenente con la rivoltella colpisce le vittime sul capo per assicurare la morte.
Mi avvicino e ungo sulla fronte i morenti con l’Olio Santo pronunciando la formula prescritta; la mano mi resta insanguinata.
Il tenente si avvicina al prof. Nobili e gli grida: “Reverendo i soldati della repubblica al fronte combattono e all’interno … ” non intendo le ultime parole.
La popolazione di Cogna pietosamente, trasportò le salme nella stanza mortuaria.
Prima di sera arrivarono uomini da Sillano e portarono via le due vittime di Sillano, e, credo il giorno dopo, le vittime di Roggio e il Baionetta di Fabbriche di Careggine ebbero onorata sepoltura nei loro paesi.
Il 3 febbraio in Cogna fu celebrato il funerale per le vittime, presente tutta la popolazione, e, oltre al parroco e a me, altri sacerdoti.
A Piazza al Serchio furono fucilati anche:
BERTOLINI carabiniere, dopo l’armistizio del 1943 fece ritorno nella terra natia e decise di lottare per la libertà… venne ferito a morte durante il tentativo di sabotaggio del ponte di legno di Petrognano oggi riposa nel cimitero di San Donnino.
Un’altra vittima che si registra a Piazza al Serchio fu Alberto Galanti di anni 34, maestro elementare a Stazzema (Lucca), celibe. Nato il 10 marzo 1910 a Cavallo (Algeria), Arruolatosi dopo la costituzione della RSI nel GNR passo poi all’azione partigiana presumibilmente nel gruppo “Mulargia”. Catturato e accusato di diversi crimini contro il regime ammise di far parte della resistenza, ma di essersene distaccato (forse per godere dei benefici del bando che prometteva incolumità ai renitenti che si fossero presentati entro il 25 maggio 1944). A Lucca fu giudicato sommariamente dal capo della provincia e ricondotto a Piazza al Serchio venne fucilato all’ingresso del cimitero comunale con il conforto di don Pietro Ambrosini.
Sul luogo oggi è apposta una targa in memoria. Sul muro di cinta del cimitero sono ancora visibili alcuni segni della raffica mortale.
[1] L’Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea della Provincia di Lucca ha inviato le note di documentazione e ricerca n. 67 e 72 da cui sono tratte le informazioni pubblicate.